L’opera di Giovanni Battista della Porta Memorie su le antiche case di Udine, ms. 2691 della Biblioteca Comunale di Udine, nel dopoguerra è stata una delle più consultate e sfruttate dagli studiosi di storia locale. Per quanto oggi i criteri di compilazione della stessa possano sembrare superati, essa tuttavia offre ancora una miniera di notizie utilizzabili in vari campi degli studi storici.
Con avvedutezza quindi se ne impossessò il Comune di Udine, quando nel 1950 lo acquistò per la Biblioteca Comunale e lo mise a disposizione del pubblico.
Giovanni Battista della Porta (4 aprile 1873 - 2 maggio 1954), noto quale autore della Toponomastica e di vari articoli di argomento storico sulle riviste e sui giornali locali, mentre raccoglieva materiale per le Memorie, andava componendo pazientemente altre opere di grande interesse, che rimasero nella maggior parte inedite. Esse sono oggi consultabili presso la Biblioteca Comunale di Udine e presso l’Archivio di Stato di Udine e forniscono un ulteriore aspetto della personalità dell’autore, che per tutta la vita con ammirevole apertura nel campo delle ricerche e con infinita pazienza indagò sulla storia del Friuli e in particolare della sua città.
Egli godette della non piccola fortuna di potersi dedicare agli studi quando gli archivi erano meno mutili, meno devastati, più riuniti; fruiva inoltre del privilegio di accedere a quelli privati, che i proprietari del tempo facilmente gli mettevano a disposizione, sia per le relazioni di amicizia che egli intratteneva con molte nobili famiglie friulane, sia per la fama di studioso che lo circondava.
Per sua esplicita dichiarazione, nella compilazione delle Memorie egli impiegò il periodo intercorrente fra il 1898 e il 1938, con aggiunte posteriori alla seconda guerra mondiale, quindi praticamente tutto l’arco di tempo della sua attività: nell’intestazione del secondo volume egli scrisse la data 1948, ma l’ultima pagina dello stesso riporta un’annotazione del 1950. La prima difficoltà, anche se non la maggiore, per l’edizione è consistita quindi nel ripercorrere le tappe del lungo lavoro da lui compiuto.
Lo schema della sua attività di ricerca non è difficile da individuare. Bisognava partire da un catasto, e per di più da un catasto attendibile e il più antico possibile, se si voleva tracciare una storia degli edifici in forma analitica, come egli evidentemente si proponeva.
Ora, per la città di Udine, il catasto finora riconosciuto come il più lontano nel tempo, è invece alquanto recente, perché risale soltanto al 1801. Di quelli precedenti, attuati dalla Repubblica Veneta, non si sono finora rinvenute tracce. Nella edizione odierna delle Memorie esso compare sotto la forma abbreviata di Nomenclatura (Biblioteca Comunale di Udine, ms. 3.C.4). Si tratta di un elenco di capifamiglia delle duemilacento abitazioni indicate dalla commissione preposta alla individuazione di possibili alloggi per le truppe. La numerazione delle case parte dall’estremità occidentale di via Aquileia e si interna nella città secondo un itinerario grosso modo radiale rispetto al centro urbano, comprendendo strade laterali e vie intermedie senza uscita, per tornare all’estremità orientale del borgo esterno di Aquileia, proprio con la torre che è sopravvissuta alla rovina e alle demolizioni di edifici analoghi e delle mura che la rinserravano fino al secolo scorso.
Una carta compilata verso la metà dell’Ottocento dall’ing. Lavagnolo tiene conto di tale censimento e prospetta la pianta della città con questa stessa numerazione. Tranne per qualche errore, debitamente segnalato, essa costituisce la base alla quale attenersi per ritrovare la ubicazione degli edifici considerati nel presente studio. L’edizione pertanto si avvale della carta Lavagnolo della quale presenta sia la riproduzione integrale dell’insieme, sia le singole tavolette per zone circoscritte.
La Nomenclatura in sostanza rappresenta per il della Porta la prima griglia storica alla quale riferirsi. Lo studioso vi aggiunge notizie desunte da altre fonti, seguendo un criterio cronologico, casa per casa. A volte però, accanto a questa o in sua vece, cita un secondo elenco manoscritto di abitanti, noto sotto il titolo di Registro anagrafico, (Biblioteca comunale di Udine, fondo Joppi, ms. 85).
Il sistema adottato conduce l’autore ad accettare anche gli aggiornamenti del Registro stesso, i quali, aggiunti dall’anonimo compilatore senza indicazione cronologica, possono risultare posteriori alla notizia del 1801 anche di oltre trent’anni, come per esempio si verifica nel complesso n. 867. In casi di questo genere fra il primo e il secondo dato dovrebbero essere cronologicamente inseriti i successivi che il della Porta trascrive immediatamente sotto.
È scontato che nella ricerca gli edifici appartenenti a famiglie nobili con lunga tradizione urbana rimangono in genere privilegiati, in quanto le memorie di questi sono state custodite e trasmesse in forma pubblica e privata, date l’esistenza di archivi familiari e l’importanza che i proprietari possono aver assunto nella vita della città e nei rapporti col comune o la casa stessa nel contesto urbano. Nell’opera, impostata sulla segnalazione di dati in gran parte inediti, tuttavia, le schede relative a questi complessi edilizi in proporzione possono a volte risultare povere rispetto ad altre di case modeste, proprio perché essi sono stati oggetto di studi anche monografici.
Di un’altra categoria di edifici il della Porta trova altrettanto facilmente i dati: si tratta di proprietà di confraternite e di chiese che dovevano tenere un’amministrazione ordinata dei loro beni. In tal modo qualche misera catapecchia, oggi anche scomparsa, può vantare una documentazione secolare che palazzi, pur antichi e nobili, non possiedono.
La maggior parte delle altre notizie proviene dall’Archivio notarile antico, dove lo studioso poteva reperire gli atti dei passaggi di proprietà dalla fine del Duecento alla metà del secolo scorso. La cosa non è però così semplice. In realtà l’identificazione dei fondi, sui quali le case sorsero, risulta facilissima solo dopo il catasto del 1801, da quando, cioè, gli edifici sono ricordati nei documenti col numero che li contrassegna; ma in quelli anteriori all’Ottocento si può localizzare una casa solo in base ai confini e anche questo metodo non sempre è sicuro, soprattutto se nel frattempo si sono perduti gli anelli di congiunzione fra un proprietario o un inquilino e quello successivo. Indicare con certezza una proprietà, insomma, non significa soltanto conoscere il nome dell’intestatario, ma possedere anche in qualche modo elementi per ubicarla nella via. Il della Porta cerca di non avventurarsi oltre un certo limite di sicurezza e ovviamente dà importanza alla documentazione ottocentesca: pertanto la maggior parte delle notizie da lui riportate risale al secolo scorso.
Facilita tale orientamento verso l’Ottocento l’esistenza del fondo dell’Ornato nel Comunale, che fornisce al della Porta una quantità di notizie non solo sulla proprietà, ma soprattutto sulle trasformazioni subite dagli edifici, anche se quest’ultimo aspetto per l’autore non risulta importante.
Alla documentazione di tipo pubblico si devono aggiungere altre notizie che egli trae dagli Annales e dagli Acta e da altri manoscritti sparsi esistenti nella Biblioteca Comunale di Udine, negli archivi privati e in alcune opere edite indicate come punto di riferimento obbligato per gli studiosi di storia della città. Si tratta delle Guide di Cosmi-Avogadro, Avogadro e Bragato. L’inserimento di elementi tratti da queste potrebbe in un primo tempo sembrare stridente con l’impostazione generale del lavoro, che in gran parte si basa sulla segnalazione di notizie inedite. A meglio riflettere, tuttavia, bisogna concludere che una spiegazione si può trovare nel fatto che una semplice segnalazione richiederebbe la mediazione dei Prospetti di confronto, perché le guide citate seguono non la numerazione nera, ma il criterio stradale italico. Con il suo sistema il della Porta ha così evitato al lettore tale passaggio.
Non altrettanto giustificabile è l’inserimento di notizie tratte alla lettera dall’opera del Frangipane, trattando questa di antichi complessi quasi sempre facilmente identificabili nel contesto urbano. E ancor meno accettabili potrebbero essere ritenute le sporadiche citazioni, sempre letterali, da altre opere.
Va specificato inoltre che le Guide sono utilizzate dal della Porta limitatamente alla segnalazione di alberghi, locande, trattorie, osterie e caffè. Nell’edizione non si è voluto far violenza a questo metodo di lavoro, e si sono quindi lasciate le notizie di queste pubblicazioni insieme con quelle tratte dai manoscritti. Si è tuttavia creduto opportuno integrare il testo con l’inserimento di altri elementi desumibili dalle stesse fonti, elementi che completano il quadro sull’attività degli abitanti negli anni 1870-1880, segnalando così la presenza di laboratori, botteghe artigianali, negozi, fabbriche, studi di professionisti, che in tali guide sono elencati.
Ci si rende conto, ripercorrendo le tappe del della Porta, che il metodo da lui adottato non è rigoroso neppure per i manoscritti e che alla incompletezza dei risultati si aggiunge una carenza di sistema nel rilevamento dei dati. Si osserva infatti che gli spogli non sono completi. Nei documenti da lui compulsati esistono altre notizie da lui non raccolte, che sono ugualmente utilizzabili sia per la stessa casa, cui le parti da lui citate si riferiscono, sia per altri complessi edilizi.
Non ha importanza a questo punto indagare sui motivi che lo indussero a una scelta piuttosto che a una raccolta sistematica. Resta il fatto che il lavoro, così come si presenta, non esaurisce le possibilità delle fonti da lui utilizzate. Perciò in corso di edizione si è subito imposto il problema della integrazione.
Completato lo spoglio delle fonti, chiariti di queste i limiti e le possibilità, almeno sarà possibile stabilire un punto di partenza per ulteriori arricchimenti.
Con questo presupposto è stato condotto il lavoro di edizione, che quindi necessariamente aumenta il numero delle notizie. Com’è naturale, le parti aggiunte sono state indicate con un contrassegno che ne attribuisce la responsabilità all’editore.
Va inoltre precisato che il della Porta condusse il lavoro principale in due tempi, corrispondenti a due volumi frutto di spogli diversi, che egli completò poi con una terza serie di ulteriori dati.
Per non appesantire la lettura dell’opera, si è tenuto conto che, se l’autore avesse avuto il modo di pubblicarla, avrebbe fuso in un testo unico le parti senza distinzioni di momenti del suo lavoro.
Questo metodo è pertanto stato seguito dall’editore, che ha potuto in tal modo eliminare sia i doppioni di notizie sia i dati superati dalle annotazioni successive più circostanziate. In genere il criterio adottato dal della Porta nel rilevamento dei dati cerca di ricalcare il testo originale rispettandone la costruzione. Accade così che un discorso, presentato senza indicazione di citazione, appaia grammaticalmente inaccettabile. Per aggirare questo pericolo e rispettare il lavoro del della Porta, nel riscontro dei documenti si è cercato di precisare con segni grafici chiari la parte citata e di indicare con evidenza l’omissione delle parti del testo originale, in modo da non attribuire all’autore errori ovviamente non suoi. Non si è potuto d’altronde ignorare neppure che dalla morte dell’autore a oggi gli interessi del pubblico si sono aperti in varie direzioni. Si è quindi ritenuto, senza forzare il testo, di ampliare la citazione con gli elementi che potrebbero fornire indicazioni utili in vari campi degli studi storici.
Tra le integrazioni, in primo luogo, si è raccolto un maggior numero di nomi di persone implicate negli atti, come corresponsabili nelle compravendite. L’autore infatti di frequente esclude nel manoscritto l’accenno alla moglie del capofamiglia, a volte reale padrona per ragione dotale, e ai fratelli comproprietari dell’immobile. Spesso invece attraverso il casato della moglie si riesce a trovare il collegamento col precedente proprietario, come per esempio nella casa n. 1051. Oltre a ciò, il della Porta tende a eliminare il nome di eventuali affittuali, che sotto certi riguardi hanno importanza quanto i proprietari stessi e che spesso con la loro attività caratterizzano l’aspetto dell’edificio.
Il Registro delli aloggi tenta a volte il della Porta a citare il mestiere degli abitanti di alcune case, quando questo presenti alcunché di pittoresco, com’è il caso degli osti in genere, o del “filzaro” Pietro Candotti della casa n. 1314.
Ulteriori apporti dall’Ornato arricchiscono l’opera di notizie sull’aspetto esterno degli edifici. In proposito va segnalato che la parte iconografica scelta per la pubblicazione si discosta da quella esistente nel manoscritto della Porta ed è in gran parte tratta dall’Archivio Comunale. Le Memorie nella stesura originale riportano alcuni schizzi di mano dell’autore e, con le ultime aggiunte, anche cartoline con fotografie di singoli edifici o di tratti di vecchie strade udinesi.
Considerato che negli ultimi anni quelle illustrazioni sono apparse stampate in varie opere, mentre i disegni ottocenteschi dell’Ornato sono in gran parte sconosciuti e inediti, nel corso dell’edizione si è preferito optare per questi ultimi, che oltre a tutto riportano la testimonianza più antica della città minore, quando molte case conservavano ancora un aspetto caratteristico, spesso antico e fatiscente e perciò bisognoso di restauro, se non di demolizione.
Non tutte le fonti citate dal della Porta sono state reperite, perché l’autore per certi fondi lascia indicazioni troppo vaghe, che non permettono di risalire all’origine, come per esempio riguardo certi archivi privati, dei quali segnala soltanto il nome, senza un numero di sezione o di busta.
Ma soprattutto le devastazioni dell’ultima guerra, gli spostamenti di fondi archivistici, i riordini di alcuni tra quelli privati oppongono serie difficoltà al ricercatore per la consultazione di documenti citati cinquanta e più anni fa. È noto, per esempio, che l’Archivio Notarile subì un bombardamento, durante il quale andò disperso molto materiale, anche se il non poco rimasto è stato sistemato ed è oggi consultabile con facilità. Nel frattempo l’Archivio delle Corporazioni Religiose Soppresse è stato riordinato con una nuova numerazione, opera dalla quale non rimase escluso il della Porta, che tuttavia cita la vecchia segnatura. A complicare le ricerche, inoltre, alcuni archivi sono stati incautamente smembrati: pertanto oggi documenti di uno stesso fondo si possono trovare in più luoghi. A questo si aggiunga che alcune parti del Comunale ottocentesco sono andate smarrite. Nel corso del lavoro si è potuto constatare che oggi è mutila la parte dell’Austriaco 1848-1866, che pure il della Porta aveva consultato.
Altri fondi hanno subito variazioni nella sistemazione e nella schedatura. Pare strano, ma è un dato di fatto che a Udine un documento del Trecento dell’antico ospedale si può reperire più facilmente di uno ottocentesco proveniente dallo stesso fondo: l’archivio di quella gloriosa istituzione, uno dei più antichi e vecchi d’Europa nel genere, è stato smembrato in tempi recenti fra la Biblioteca Comunale di Udine, l’Archivio della Curia di Udine, l’Archivio di Stato di Udine e l’Archivio dell’Ospedale civico di Udine; nel complesso reperibili quelli dei primi tre fondi, non altrettanto in questi ultimi tempi quelli ottocenteschi dell’Archivio dell’Ospedale civico di Udine, che pure il della Porta aveva consultato e citato.
Altre volte il reperimento, nonostante le difficoltà accennate, è stato fortuito. Basterebbe citare a titolo esemplificativo il rinvenimento del Registro delli aloggi quando il presente lavoro era già in bozze. L’importante manoscritto era stato cercato invano per due anni con ansia febbrile dall’editore e dalle persone che avevano messo a disposizione la loro competenza e il materiale degli archivi da loro retti.
A questo proposito è doveroso segnalare la sensibilità e l’amplissima collaborazione offerta dalla dott. Ivonne Pastore Zenarola, direttrice dell’Archivio di Stato di Udine, che ne ha spalancato tutti i recessi e ha agevolato in ogni modo le ricerche, perché queste fossero condotte nel modo più esauriente e nei tempi imposti. Il personale dell’Archivio ha trasportato con paziente disponibilità quintali di carte e pergamene. Dato che la stragrande maggioranza dei documenti proviene da questo archivio, è intuibile che senza la generosa collaborazione della direttrice e degli impiegati il lavoro non avrebbe potuto essere attuato in tempi brevi.
Più limitata è la documentazione della Biblioteca Comunale di Udine, dove pure le persone che vi operano si sono dimostrate disponibili. La dott. Lelia Sereni, che contemporaneamente e parallelamente si dedicava allo studio dei palazzi, si è resa conto delle necessità della ricerca e ha facilitato la consultazione dei manoscritti e delle opere stampate.
La collaborazione della dott. Zenarola e della dott. Sereni avrebbe potuto sortire frutti ancora migliori se i criteri di edizione adottati avessero permesso di sfruttare completamente le possibilità dei singoli fondi consultati. Infatti non sono stati esplorati fondi o singoli manoscritti che non fossero stati compulsati dal della Porta e si è concentrata l’attività solo nello spoglio sistematico di quelli citati nelle Memorie. In tal modo si sono ignorate anche opere a raggio completo e citazioni capillari, come le Case di Udine della Biblioteca Comunale di Udine, che, oltre al nome degli abitanti, riporta altresì un censimento dei vani disponibili nei singoli edifici.
Bisogna poi ricordare che il della Porta elimina quasi sempre le testimonianze indirette, come le citazioni di immobili offerti per garanzia su prestiti e livelli. Inoltre di rado egli raccoglie i testamenti; se ne serve solo sporadicamente per indicare caso mai la sede in cui questi erano stati redatti (per esempio la casa n. 1528 di borgo d’Isola).
È stata invece la esiguità del tempo a disposizione a impedire lo spoglio completo degli Acta e degli Annales, il cui indice del resto, in corso di pubblicazione, potrà fornire anche i dati relativi all’oggetto di ricerca delle Memorie.
Un discorso a parte meritano le chiese, che il della Porta inserisce solo nelle aggiunte, evidentemente senza pretesa di fornire nuovi dati. L’autore probabilmente considerava inutile un rilevamento di notizie sull’argomento nel tipo di fonti profane che andava consultando. Faccioli prima e Joppi poi ne avevano già fatto oggetto di monumentale ricerca. Pertanto i cenni da lui vergati rivestono una chiara funzione di concisa informazione generale per completare il quadro del singolo borgo. Nell’edizione si è rispettata l’impostazione dell’autore senza aggiungere ulteriori elementi, a parte la bibliografia, che rientra invece nei criteri generali del presente lavoro.
In quest’ultimo campo si è rivelata indispensabile l’opera del prof. Giuseppe Bergamini, al quale si devono le segnalazioni relative alle opere artistiche degli edifici sacri e profani. La collaborazione è conseguenza della ricerca da lui condotta con la dott. Sereni per l’opera Tra case e palazzi. Oltre alla bibliografia, riportata in quel saggio, lo studioso ha offerto direttamente la sua competenza per le citazioni relative alla parte artistica, in quanto l’editore della presente opera non è specialista del settore.
Al prof. Bergamini è dovuto pure lo spoglio sistematico delle riviste locali e la sua collaborazione è stata preziosa per consigli, suggerimenti e scelta di materiale iconografico.
Per attenersi rigorosamente al metodo adottato e conservare il carattere dell’opera, che non si presenta come un testo elaborato, né pretende di dare una interpretazione ai dati che offre, si è cercato di non indulgere agli allettamenti di citazioni da opere edite, pur a volte caratteristiche e sotto certi aspetti ghiotte, limitandosi invece a indicare in calce gli estremi della pubblicazione. Per esempio sarebbe apparsa colorita la notizia riferibile alla casa n. 294, che il comune destina a un certo momento ad abitazione del canicida. La notizia non è stata ripubblicata, ma ne è stata fornita l’indicazione bibliografica in nota. Ugualmente, in riferimento alla casa n. 1324, si sarebbe potuto aggiungere che nel 1839 vi era attivo un asilo infantile diretto da Maria Agosti e Maddalena Bonano. Anche per questo dato si è segnalata in calce l’opera del Benedetti.
Solo in casi sporadici la citazione si è ritenuta indispensabile nell’economia del discorso per motivare l’inserimento di particolari notizie o per facilitare l’individuazione di un determinato edificio nella zona.
Ad opera dell’editore inoltre si sono inserite in nota indicazioni bibliografiche che non si riferiscono alla casa-edificio, ma a famiglie o a singoli personaggi che vi hanno abitato.
Lo schema della citazione dei manoscritti non compresi nell’elenco di quelli abbreviati e inseriti nella tavola, segue l’ordine classico: tipo dell’archivio e del fondo, eventuale numero di busta o volume, numero del foglio o della pagina. Il Notarile antico a volte riporta una serie più nutrita di dati, che comprendono, nell’ordine, l’archivio, il fondo, il nome del notaio, il numero della busta, l’eventuale numero del protocollo in cifre romane col titolo abbreviato, il numero del documento in cifre arabiche, se esiste, e il numero del foglio. Poiché le pratiche desunte dall’Archivio comunale Napoleonico e Austriaco non sono contrassegnate da un numero d’inventario, dopo il numero della busta è stato citato quello d’ingresso al protocollo col nome della sezione. Questo sistema è stato adottato anche per la schedatura e citazione dei disegni che si riferiscono alle pratiche dell’Ornato o delle Strade e fabbricati, Acque, Polizia, ecc.. Quanto ai disegni della Biblioteca Comunale di Udine, essi sono schedati o fanno parte di miscellanee regolarmente inquadrate in precise segnature.
I documenti trascritti sembrano esaltare le debolezze ortografiche degli scrivani operanti presso gli studi notarili o gli uffici comunali. In questi ultimi addirittura qualcuno si presta a scrivere al posto degli illetterati che inoltrano domanda, precisando di sostituirsi al proprietario “ileterato”. Ovviamente nell’edizione la grafia è stata rispettata con alcune regole, che si sono seguite sia per il latino sia per il volgare.
Per i documenti in latino si precisa in particolare che la u consonantica è stata resa regolarmente con la v; la j è stata mantenuta solo nei numeri romani e nelle parole tratte da opere a stampa; sono stati rispettati i nessi di dittonghi e le ę; si sono rese con preposizioni articolate quelle semplici seguite dall’articolo; si sono separate parole erroneamente attaccate; sono stati introdotti accenti e apostrofi; l’uso delle iniziali maiuscole si è limitato ai soli nomi propri e toponimi; i cognomi sono stati generalmente trascritti secondo la forma originale. Si potranno notare nei documenti ovvie discrepanze tra forme con desinenze singolare e plurale, maschile e femminile, cambiamenti di consonanti, presenza di doppie sovrabbondanti e scempie. Alcuni nomi propri oscillano nella grafia (per esempio Tommaso e Tomaso). Si è cercato di adottare un sistema moderno, ma naturalmente solo fuori della citazione.
Là dove la citazione non è visibilmente riportata alla lettera, ma è entrata a far parte del testo elaborato dall’autore, si è sistematicamente fatto precedere il nome al cognome. Non sempre le fonti sono concordi. Per esempio il Registro delli aloggi in alcuni casi indica gli affittuali e non i proprietari. In tal modo i dati non sempre quadrano nel contesto. Anche il Registro delle competenze, l’unico realmente aggiunto in sede di edizione per fornire un elemento di confronto dopo cinquant’anni dal primo rilievo sistematico, non è sicuro. Probabilmente esso non è aggiornato in tutte le situazioni (per esempio riporta come proprietario della casa n. 1244 il Barazza, che invece sette anni prima l’ha venduta ai Comelli Rombolotto). Ogni studioso del resto è ben consapevole che neppure le fonti contemporanee e ufficiali sono sempre attendibili. Nel riscontro dei documenti è stato facile accorgersi che i regesti latini del della Porta a volte rielaborano il testo declinando e flettendo sostantivi e verbi con funzioni e casi diversi dal testo originale. Nell’edizione si è riportato il testo originale ove ciò era possibile, integrandolo, se necessario, con parti in italiano. Circa le testimonianze che il della Porta poteva fornire direttamente sugli avvenimenti a lui contemporanei, si è lasciata la responsabilità delle affermazioni all’autore, testimone diretto dei fatti avvenuti nel tessuto urbano di questo secolo. Tali dati risultano tanto più importanti perché riferiti a una realtà che in parte mutò con le distruzioni della seconda guerra mondiale. Per esempio il ricordo dello stemma Rinaldis nella casa n. 86, scomparsa, si trova soltanto nelle Memorie. Inoltre il della Porta trasmise attraverso il suo archivio privato un ulteriore documento autografo che permette di comprendere un aspetto non trascurabile del suo lavoro: il diario sistematico di tutte le distruzioni degli edifici urbani operate dai bombardamenti aerei nel corso dell’ultimo conflitto.
Nella raccolta dei manoscritti lo studioso, accogliendo quanto più possibile le notizie meno recenti, si era posto un limite per la parte contemporanea, limite che grosso modo rispettò prendendo come punto di riferimento il 1866. Ciò non toglie che nell’opera compaiano anche dati posteriori, inseriti perfino dopo il 1945.
I lettori della Biblioteca Comunale udinese dal canto loro aggiunsero a margine alcune integrazioni che sono state debitamente segnalate in nota.
Nell’edizione compare come novità la citazione dell’iconografia di singoli complessi, deducibile da stampe di piante e vedute della città. Essa abbraccia il periodo che va dalle origini al 1801, quando viene operata la prima numerazione. La situazione allora delineata rimane pressoché immutata fino all’annessione del Friuli al Regno d’Italia.
Va precisato che si sono segnalate solo quelle piante e vedute che, apponendo alla figura il nome del monumento o il numero cui si riferisce nella legenda, indicano la precisa volontà dell’autore di riprodurre l’edificio particolare e nel contempo danno l’idea dell’importanza che nella sensibilità dell’artista e dei cittadini in un dato momento storico l’edificio stesso riveste. Sono pertanto escluse le opere grafiche anche antiche che forse riproducono con fedeltà il complesso urbano o parte caratteristica del medesimo, ma che non riportano iscrizioni su costruzioni singole.
I disegni non stampati non sono inclusi nella parte iconografica, ma sono citati tra i manoscritti inediti.
In conclusione oggi l’opera si presenta alla stampa con il seguente schema:
1) numero della casa desunto dal catasto del 1801;
2) notizie esposte in ordine cronologico;
3) note dell’editore;
4) segnalazioni bibliografiche e iconografiche.
Circa le notizie, quelle prive di segni particolari iniziali sono del della Porta. Esse sono state controllate sulla fonte originale, ne è stata posta in evidenza la parte di citazione letterale, spesso ampliata rispetto al manoscritto dell’autore per i motivi sopra esposti. La indicazione della fonte tra parentesi è frutto del lavoro di edizione.
Quelle precedute da un cerchietto sono pure del manoscritto della Porta, ma non rintracciate negli archivi. Di essa viene fornita l’indicazione della fonte secondo il sistema dell’autore.
Quelle precedute da un asterisco sono aggiunte ex novo nel corso dell’edizione.
Per la bibliografia, si tratta quasi sempre di aggiunte dell’editore, in quanto il della Porta aveva limitato le segnalazioni a qualche guida o ad articoli di giornale talvolta incollati direttamente sul manoscritto.
L’iconografia è tutta opera dell’editore, come si è sopra specificato.