«La storia urbana di Udine comincia veramente nel 1222 quando, in seguito al terremoto che dissestò il palazzo patriarcale di Cividale, il patriarca Bertoldo di Andechs di Merania trasferì nel castello sul colle e almeno temporaneamente la propria sede. Il 13 settembre del 1223 il medesimo Bertoldo istituiva un mercato settimanale che si svolgeva nella striscia più vicina e aderente al Colle del Castello nell’ambito dell’attuale Via Mercato Vecchio: mentre nel 1248, quando Bertoldo estendeva agli abitanti di là dal fossato (e ad alcuni borghi del piano) le facilitazioni concesse ai residenti, la città si era evidentemente estesa e aveva invaso per farne sede di mercato una nuova area che esorbitava verso occidente dal perimetro del colle dianzi occupato. Che a Bertoldo, cui ancora spetta (1245) di aver ottenuto dal papa il trasferimento del Capitolo del Monastero Benedettino di S. Odorico al Tagliamento nella nuova sede udinese (sarà questo l’inizio dell’attuale cattedrale) vada anche il merito di aver pensato di cingere di mura il nascente nucleo abitativo, è probabile… »1
I riferimenti temporali e causali che Decio Gioseffi individua nelle pagine iniziali della monografia dedicata alle Arti cittadine permettono di dare un inizio alla storia urbana di Udine, in virtù di un fatto fortuito (il terremoto), una vocazione valorizzata (il commercio) e l’insediamento di un capitolo (S. Odorico)2, in un luogo, comunque, abitato con una certa continuità dalla protostoria3.
La successione degli eventi porta, nel secolo successivo, a fare di Udine il centro di riferimento politico, religioso ed economico del Patriarcato, fino all’annessione alla Serenissima, nel 1420, in un ribilanciamento penalizzante, che sposta verso occidente i luoghi delle decisioni, e avvicina i confini, di cui diviene baluardo estremo e, nel succedersi dei comandi, sede delle truppe di eserciti diversi, fino ai tempi recenti4.
Udine è luogo di transito, di commercio, di produzione, di incontro: il centro di una rete di relazioni e interessi che definiscono necessariamente i caratteri dell’edilizia, dalle prime fasi dell’espansione, in diretta relazione con l’area germanica e del nord Italia, alla successiva assimilazione della cultura veneta, alla razionalizzazione del costruito, francese prima, austriaca, poi, alla espansione urbana oltre le mura, secondo il percorso obbligato del progresso.
L’edilizia storica cittadina, così, permette la lettura dell’intrecciarsi nei secoli di diverse tipologie e tradizioni costruttive, di diversi materiali e dettagli, in rimandi disvelati dallo spoglio attento di Vittoria Masutti delle Memorie5.
Un insediamento può sorgere, banalmente, qualora siano soddisfatte alcune condizioni base, non sempre scontate: la disponibilità di acqua e cibo, la possibilità di protezione delle persone e dei beni, la presenza del necessario per la sua edificazione (materiali, maestranze, finanziamenti).
L’acqua, assente nell’arida pianura friulana, al cui centro si erge il colle del castello, forse sgorgante saltuariamente dal suo versante occidentale6, raccolta naturalmente nella depressione limitrofa, verso nord, in un grande sfuei7 — luogo di passaggio degli animali selvatici e dei loro cacciatori, prima, di abbeveraggio dei greggi, poi, “lago”8 e, in tempi recenti, area acquitrinosa e malsana, bonificata con il convogliamento delle macerie, fino al compimento dell’ordinato impianto neoclassico9 — raggiungeva Udine durante i rovinosi eventi di piena del vicino torrente Torre10, circostanza che deve aver suggerito, quando le capacità tecniche lo hanno consentito, il convogliamento artificiale delle sue acque lungo le due rogge, approvvigionate dal torrente, di cui una sicuramente anteriore al 117111. L’acqua è presente, poi, in profondità, raggiunta da cinque antichi pozzi12, e nelle decine di cisterne “alla veneziana”, pubbliche e private, realizzate dal ‘400 a sostituire l’approvvigionamento dalle rogge, la cui potabilità è compromessa dall’assestarsi lungo il loro corso, di attività artigianali inquinanti (concerie, macellerie, tintorie, …).
Il cibo è, ragionevolmente, quello dei prodotti della terra, convogliati nella canipa patriarcale, quello degli scambi, nei giorni di mercato, quello che si ha dalla macellazione degli animali domestici che vengono portati al pascolo nelle aree comuni fuori le mura e razzolano nelle strade — come descritto nelle vive note di Vittoria Masutti — e quello degli orti, all’interno del perimetro dell’ultima cerchia di mura, terminata dai Veneziani nel 1440, che delimita la città fino alla loro demolizione, a partire dal 1866. Forse è disponibile anche quello antico della caccia nelle campagne e nei boschi che circondano la città (Gian Carlo Menis ricorda come, a garanzia della sicurezza delle strade, il patriarca Bertrando avesse, a metà ‘300, sterminato i briganti che si annidavano nelle vicine selve di S. Gottardo13 e i lupi ancora si aggirano nelle campagne fuori le mura nel tardo ‘40014).
La difesa del castello del patriarca, cui si fa primo riferimento nel 983, arroccato sul colle e affiancato dall’antica chiesa di S. Maria, è garantita dagli habitatores Castri Utini15, quello della popolazione dalla cerchia delle mura che, in meno di due secoli, raggiunge la sua massima estensione, per accrescimenti iniziali verso sud ovest, alla ricerca del sole, fino a inglobare, nel tracciato definitivo — corrispondente agli attuali viali di circonvallazione — gli antichi borghi sub—urbani, sviluppatisi lungo gli assi viari che si diramano dal colle verso le direttrici dei traffici commerciali, intercalati da ampi spazi per gli orti e i cortili, che solo l’intensa attività edilizia del ‘900 è stata in grado di saturare. Per più secoli, prima di essere inglobate nel tessuto edilizio, le successive cerchia coesistono e tratti di mura e “portoni”16 disegnano il profilo della città, recentemente svelato nella sua più antica rappresentazione dal ritrovamento dell’affresco tardo quattrocentesco della cappella Arcoloniani in Duomo, antecedente al devastante terremoto del 151117.
Ed ecco, finalmente, le case.
La città “di legno”, con le coperture in paglia, tavole e scandole, è la prima di cui si ha notizia indiretta dai divieti di costruzione che si susseguono nei documenti ufficiali, fino al ‘500, in relazione ai ripetuti e devastanti incendi, come quello che, nel febbraio 1419 distrugge i borghi di Gemona, Villalta e di S. Lazzaro18.
La tipologia costruttiva è quella comune nella città medioevale del nord Italia e del centro Europa, a tralicci lignei con riempimenti in terra, ciottoli, pietrame, ampiamente documentata negli studi di archeologia urbana che si sono susseguiti negli anni recenti19. Con materiali reperibili in zona, è applicata la tecnica antica dell’opus craticium, che unisce la speditezza di realizzazione con ottime caratteristiche di resistenza sismica, legate alla deformabilità dei telai e alla facile dissipazione dell’energia nel danneggiamento dei tamponamenti, tecnica costruttiva tuttora ampiamente in uso nell’area centro asiatica, da cui probabilmente ha origine20.
Si tratta di edifici a uno o due piani, con sporti su strada, di cui traccia tangibile è presente nell’impaginato scomposto delle murature più antiche del centro cittadino, che si rivela, talvolta, nella sua pericolosa fragilità durante gli interventi di recupero: strutture esili, con riempimenti in “sassi” legati da povere malte di calce, indebolite dal passaggio delle canne fumarie e “schiacciate” dal peso di sopraelevazioni successive. Gli sporti, puzioli, restringendo la strada, costituiscono presto un problema per la città in espansione, al punto da richiederne la demolizione21.
«Investitio facta Franzelino de Caponibus de quator passibus terre in frontera in Postcolle de Utino ... MCCXCVI. die decimo exeunte Augusto», «Investitio facta Pusignutto de Utino de medio passu terre Macelli de burgo superiori Utini ... MCCXCVI. Die septimo Decembris», «Investitio sex passum terre in fronteria facta Magistro Gerardo Marescalcho, posite in Utino apud portam quam itur Glemonam…MCCXCVII. die septimo Augusto»22, ...: l’inurbamento voluto dal patriarca Raimondo della Torre (1274—1299) si materializza, a distanza di secoli, nelle vive trascrizioni degli atti di cessione di terreni e lotti edificabili/edificati, entro e oltre la terza cerchia delle mura dal lui completata, accompagnato dall’evolversi delle tecniche costruttive verso la città di ciottoli e laterizi.
Per quanto riguarda i “tipi edilizi”, il cuore della città medioevale si sviluppa per stretti lotti modulari allungati23, secondo lo schema ricorrente delle città commerciali: bottega al piano terreno, abitazione al piano superiore, deposito nel sottotetto. Come ricordato da Vittoria Masutti nel saggio introduttivo alla Memorie, i fronti strada si caratterizzano per la presenza di portici, che segnano le direttrici principali di attraversamento della città. Materiali e tecniche appaiono evidenti negli scantinati delle case comprese nella terza cerchia, in parte elevate in prossimità del fossato di quella che l’ha preceduta: murature portanti realizzate prevalentemente in ciottoli, massicce o con intercapedini riempite di materiali sciolti/legati da malte di calce24. L’elevato è, probabilmente, anche realizzato in murature portanti in ciottoli, cui va integrandosi, con l’apertura delle fornaci, l’uso del laterizio, fino a divenire esclusivo. I solai sono organizzati in una struttura a travi principali parallele ai fronti strada, della cui modularità sono l’elemento condizionante, e un’orditura secondaria a travetti paralleli. La loro disposizione regolare lascia spazio, in corrispondenza degli appoggi, alle cantinelle, tavolette decorate che, per rimandi oggi non sempre evidenti, raccontano della storia della famiglia dei proprietari25. La tecnica costruttiva di questa città “di pietra” medioevale, solo apparentemente semplice, continua a fornire nuovi campi di indagine nella interpretazione dei fuori piombo e dei disassamenti26, testimoniando la presenza di maestranze specializzate. Ingressi, aperture e porticati vedono l’utilizzo di alcuni elementi lapidei di pregio: pilastri, colonne, archivolti e architravi, realizzati con il materiale proveniente dalla vicina area collinare di Artegna, Tarcento, Faedis, Nimis, oggi cavato a Torreano e conosciuto come pietra piasentina27, la pietra “argentina” della città28. Elementi di recupero in pietra squadrata e architravi in legno sono talora riconoscibili nelle tessiture murarie disomogenee che i successivi interventi di riorganizzazione degli spazi hanno comportato29.
Le schiere delle case mercantili sono intercalate da passaggi, le “androne”, che sono insieme elemento di comunicazione e di separazione funzionale ad interrompere l’eventuale propagarsi di un incendio. Occupano lotti allungati, edificati sui due fronti. Le aree libere al loro interno (cortili e orti) saranno progressivamente saturate dall’addensamento edilizio.
La città che si definisce richiede che all’edilizia di base si affianchino gli edifici per la comunità, civili e religiosi, che, pur nella comunanza delle tecniche, affidano l’efficacia della rappresentatività alle grandi dimensioni e all’impiego di materiali di pregio, l’arenaria giallognola dello Spilimberghese, la pietra di Clauzetto, la pietra d’Aurisina, il calcare grigio venato della Carnia, i Rossi della zona montana e la pietra d’Istria. L’uso dei materiali segue, in un succedersi parallelo, quello delle mutate condizioni politiche che portano, dal 1420, alla crescente dipendenza culturale da Venezia, di cui la realizzazione della Loggia comunale, secondo gli stilemi della Dominante, è l’evidenza30. Capomastri e lapicidi venuti da lontano si mettono a servizio della città: dal Ticino, da Venezia, dall’Istria.
All’esterno della terza cerchia, nei borghi, le aree agricole e le attività artigianali, assestate lungo il corso delle rogge, richiedono spazi diversi, spesso secondo lo schema a corte, di cui resta ancora traccia visibile nel tessuto urbano odierno.
Nel tempo, come avviene in tutte le città mercantili31, anche il centro di Udine è interessato da una trasformazione tipologica, che segna il passaggio alla città del terziario: l’unione funzionale di più lotti porta all’evoluzione da casa a schiera a casa in linea, che, nella ridistribuzione degli spazi interni, fruiti per piani orizzontali, e nella ricostruzione unitaria dei fronti, risponde alle nuove e differenziate esigenze dei suoi abitanti. Gli spazi commerciali, parallelamente, si dilatano per l’introduzione di orizzontamenti a volta, in laterizio, tanto negli scantinati che al piano terra.
Accanto, le famiglie più influenti, di estrazione diversa, ma accomunate dalla necessità di un’evidenza materiale del proprio ruolo, trasformano parti di città con la costruzione di palazzi che ne garantiscano prestigio, in virtù delle grandi dimensioni, della ricchezza degli apparati decorativi e dell’intervento di progettisti di fama, circostanza di cui Palazzo Antonini, commissionato da Floriano Antonini al Palladio32 a metà ‘500, è esempio. Nella rappresentazione del potere, i palazzi sostituiscono le torri, probabilmente trecentesche e quattrocentesche, ricordate da Vittoria Masutti nelle note introduttive alle Memorie, di cui non si ha più traccia materiale.
Il coinvolgimento di figure professionali di rilievo trova riscontro anche in edifici a carattere pubblico, come è il caso del Monte di Pietà33, che, dall’unione di più lotti medioevali di proprietà distinte, è trasformato nelle forme attuali da Giuseppe Benoni, passando per l’intervento cinquecentesco di Francesco Floreani, attivo anche nella ricostruzione del Castello, distrutto dal terremoto del 1511, secondo modelli stilistici consolidati34.
I grandi spazi interni e di ingresso necessitano nuovi sistemi costruttivi per il superamento delle luci. Ai solai lignei a doppia orditura si sostituiscono, così, quelli “alla Sansovino”, sequenza regolare di lunghe travi parallele ravvicinate, il cui ritmo di vuoti — pieni “riga” le superfici di intradosso, mentre, al di sopra, i “terrazzi alla veneziana” fanno dei marmi colorati friulani i protagonisti di una ritrovata capacità artigianale che data millenni. In facciata, paramenti bugnati e portali lapidei marcano la solidità della costruzione e focalizzano l’attenzione su ingressi aperti a pochi35. In alcuni casi fortunati, negli archivi familiari la documentazione di spesa permette di ricostruire le fasi della costruzione36. La ricchezza degli interni ha voce negli inventari che accompagnano successioni e passaggi di proprietà37.
Le case seguono, nei secoli, le alterne fortune delle famiglie, la cui rovina può diventare rovina dell’edificio, come accade, nel 1717, per il grande complesso di fabbricati in contrada Strazzamantello, oggi piazza XX Settembre, il palazzo della Torre, confiscato al conte Lucio, condannato a morte per gli efferati delitti, “smontato”, venduto a pezzi, disperso in luoghi lontanissimi. Quattro portali sono acquistati dalla famiglia38, e probabilmente ricollocati nella nuova proprietà in Contrada S. Maria, già dei Manin, assieme ad altri elementi lapidei, rintracciabili dal confronto tra i bei disegni settecenteschi, antecedenti la demolizione, conservati presso l’Archivio di Stato di Udine nel fondo della Porta, e l’odierno palazzo Torriani. Le due grandi statue, elemento fulcro del disegno di uno dei prospetti sulla corte interna, in segno di monito vengono trasportate nella piazza che fronteggia la Loggia comunale e ne diventano elemento altrettanto caratterizzante. A Boston, la Collezione Stewart Garden conserva una grande tela a soffitto attribuita al Veronese e alla sua Scuola, L’incoronazione di Ebe, datata agli anni ’80 del ‘500, acquistata a Venezia a inizio ‘900 come proveniente dal Palazzo della Torre di Udine. Se così fosse, la committenza della tela sarebbe quella della ricca e colta famiglia Marchesi, allora proprietaria del palazzo39.
Il rapido passaggio dei grandi costruttori del momento lascia, nel quotidiano, spazio ai capomastri locali, che assimilano i nuovi codici stilistici e li ripetono negli edifici, civili e religiosi, in un collegamento particolare con il territorio circostante che, a partire dal ’600, va arricchendosi di nuove emergenze civili (le ville), a servizio degli investimenti del nuovo patriziato cittadino.
Se, fino al primo ‘800, la varietà dei codici stilistici trasforma gli edifici di rilievo della città, pur nella continuità di tecniche costruttive e materiali, l’edilizia di base mantiene i caratteri originari, in un succedersi discontinuo di altezze e forature, testimoniato dai rilievi presentati alla Commissione dell’Ornato, allegati alle richieste di autorizzazioni di trasformazioni di impianto e di facciata40.
Sono questi interventi che, in pochi decenni, sostituiscono alla cittadina veneta di impianto medioevale, con colorate facciate affrescate41, la grigia città regolare che, a fine ‘800 fissano le prime immagini fotografiche.
È una città ancora rarefatta, ricca di orti e estesi spazi verdi, destinati ad essere occupati, nel secolo a venire, da un’edilizia residenziale densa e multiforme, spesso di qualità discutibile, complici le nuove tecniche costruttive del calcestruzzo cementizio armato e la facilità di trasporto dei materiali, che la realizzazione delle linee ferroviarie e il trasporto su gomma permette.
La mappa redatta dall’ingegnere comunale Antonio Lavagnolo, sulla base dei disegni in scala 1:2000, firmati in data 1843 e riprodotti a stampa, in due lastre, tra il 1843 e il 1850, fissa il momento del cambiamento edilizio. Forse inconsapevolmente, la cura del dettaglio e l’elaborato apparato decorativo si uniscono alla precisione del rilievo, costituendo, di fatto, il collegamento tra le preziose mappe storiche (Spinelli, 1704; Gironcoli, 1728; Maieroni e Leonarduzzi, 1767; Perusini, Sbravi, Ravalli e Partesotti, 1810; Perusini, 181142) e la successione delle piante tecniche, redatte secondo le regole della topografia moderna, che la seguiranno, prendendo atto acriticamente degli interventi che trasformano la città, per piccoli e grandi passi.
Alle Memorie il compito di accompagnare il lettore lungo le sue strade, di ieri e di oggi.
1 DECIO GIOSEFFI, Udine: le Arti, Udine, Casamassima 1982, pp. 26-27. Il patriarca Bertoldo ospita a Udine, nella primavera 1232, Federico II e la corte durante un soggiorno di alcuni mesi in Friuli, dove l’imperatore partecipa alla dieta di Aquileia, firma importanti atti di concessione e, per intermediazione del patriarca, incontra, dopo oltre dieci anni di allontanamento, il figlio Enrico.
2 Per la successione degli insediamenti religiosi in città si veda FRANCESCO TENTORI, Udine: Mille anni di sviluppo urbano, Udine, Casamassima 1982, pp. 283-309.
3 I lavori di restauro di palazzo Mantica, in via Manin, hanno riportato alla luce, nel 2009, le tracce della presenza di un castelliere, databile al 1700 a.C.. La notizia è stata anticipata alla stampa («Messaggero Veneto» del 14 luglio 2009 e del 31 ottobre 2013) da SERENA VITRI, già direttrice del Museo Archeologico di Cividale, i cui studi successivi sono in attesa di pubblicazione.
4 Per i riferimenti bibliografici alla storia della città si rimanda alla ricchissima bibliografia critica in TENTORI, Udine …, pp. 449-533. Studi di dettaglio successivi, non citabili singolarmente in questa sede, sono raccolti negli scaffali della Sezione Friulana della Biblioteca Civica “Vincenzo Joppi” di Udine.
5 VITTORIA MASUTTI, a cura di, Giovanni Battista della Porta, Memorie su le antiche case di Udine, Vol. I, Udine, Istituto per l’Enciclopedia del Friuli Venezia Giulia 1984, pp. XIX-XXXI.
6 GIOVANNI BATTISTA DELLA PORTA, Toponomastica storica della città e del comune di Udine, Udine, tip. ed. Arturo Bosetti 1928, p. 167: «Sorse un tempo la diceria che colà esistesse una fonte di acqua viva e furono fatti, inutilmente, dei lavori per rintracciarla; rimase però alla strada il nome di Fontanafredda…».
7 Per il ruolo centrale nello sviluppo degli insediamenti di pianura degli sfueis, stagni, originariamente naturali, di raccolta delle acque piovane: RENZO PERESSINI, STEFANO ZOZZOLOTTO, OTTO D’ANGELO, Sfueis, Codroipo (Ud) e Sedegliano (Ud), Istitût Ladin-Furlan “Pre Checo Placerean” e Comune di Sedegliano 2005.
8 GIUSEPPE BERGAMINI, CRISTINA DONAZZOLO CRISTANTE, Udine illustrata: la città e il territorio in piante e vedute dal XV al XX secolo, Padova, Editoriale Programma 1992, p. 14.
9 ALESSANDRA BIASI, a cura di, Piazza Primo Maggio a Udine: storia di uno spazio urbano in cerca di identità, Udine, Ribis 2006.
10 GIANDOMENICO CICONI, Udine e la sua provincia, Udine, Tip. Trombetti-Murero 1862, pp. 21-56.
11 IVONNE ZENAROLA PASTORE, LUCIA STEFANELLI, SILVIA COLLE, Storia d’acque: le rogge di Udine, patrimonio nascosto, Udine, Kappa Vu 1995, p. 11.
12 UMBERTO SELLO, Appunti di speleologia urbana. I cinque antichi pozzi della città di Udine, in: «Mondo sotterraneo», nuova serie, a. 17, n. 1-2, 1993.
13 GIAN CARLO MENIS, Storia del friuli dalle origini alla caduta dello stato patriarcale, Udine, Società Filologica Friulana 1969, p. 236.
14 LILIANA CARGNELUTTI, I borghi e la città. Organizzazioni vicinali e associative in Udine, secoli XIV-XVIII, Tavagnacco (Ud), Arti Grafiche Friulane 1992.
15 VINCENZO JOPPI, Udine prima del 1425 in: Statuta et ordinamenta comunitatis terrae Utini MCCCCXXV, Udine, Tipografia Gio. Batt. Doretti 1899, p. VI.
16 FRANCESCO MUSONI, Udine dalle origini al principio del secolo XIX, note di geografia urbana, [s.l.], [s.n] 1915 (?), pp. 96-121.
17 PAOLO CASADIO, Gli affreschi quattrocenteschi dell’antica cappella Arcoloniani nel Duomo di Udine in: Artisti in viaggio, 1450-1600: presenze foreste in Friuli-Venezia Giulia, a cura di MARIA PAOLA FRATTOLIN, Venezia, Cafoscarina 2005, pp. 117-158.
18 ANTONIO BATTISTELLA, Udine nel secolo XVI, Udine, Tipografia Doretti 1932, pp. 105-106; MASUTTI, a cura di, Giovanni Battista della Porta…, Vol. I, p. XIX.
19 Per le caratteristiche tipologiche e costruttive medioevali in area veneta, si vedano, per esempio, i contributi in: ENRICO GUIDONI E UGO SORAGNI, a cura di, Lo spazio nelle città venete, 1152-1348: espansioni urbane, tessuti viari, architetture, atti del II Convegno nazionale di studio, Verona, 11-13 dicembre 1997, Roma, Kappa 2002. Parallelamente, è interessante il riferimento al coevo edificato storico della Germania meridionale e della Svizzera, così legato allo sviluppo di Udine, per esempio in: SOPRINTENDENZA AI BENI CULTURALI DEL BADEN-WÜRTTEMBERG E DELLA CITTÀ DI ZURIGO, Stadtluft, Hirsebrei und Bettelmönch : die Stadt um 1300 herausgegeben vom Landesdenkmalamt Baden-Württemberg und der Stadt Zürich, catalogo della Mostra, Stoccarda e Zurigo, 1992-1993, Stuttgart (D), K. Theiss 1992.
20 RANDOLPH LAGENBACH, From “opus craticium” to the “Chicago frame” in: Structural Analysis of Historical Constructions, a cura di PAULO B. LOURENÇO, PERE ROCA, CLAUDIO MODENA, SHAILESH AGRAWAL, New Delhi (India), Conservationtech Consulting 2006.
21 BATTISTELLA, Udine…, p. 110.
22 Da GIUSEPPE BIANCHI, a cura di, Thesaurus Ecclesiae Aquileiensis: opus saeculi 14. quod cum ad archiepiscopalem sedem nuper restitutam Zacharias Bricito primum accederet typis Mandari jussit civitas Utini, Udine, Trombetti-Murero 1847, edizione a stampa del repertorio dei documenti comprovanti i diritti patriarcali (feudi, censi, redditi, …), redatto dal cancelliere del patriarca Marquardo (1365-1381), Odorico Susanna di Udine.
23 Nelle dimensioni dei fronti e delle profondità dei lotti cittadini sono tuttora leggibili i 2, 5, 7, 9 passi, equivalenti a, circa 3.4 m, 8.5 m, 12 m, 15 m (1 passo udinese = 5 piedi udinesi = 1.7 m), come approfondito per piazza S. Giacomo, il Mercato Nuovo, in: ALESSIA ANGELI, L’edilizia civile di piazza San Giacomo a Udine: materiali e tecniche costruttive. Una prima analisi. Tesi di laurea in Scienze dell’Architettura. Università degli studi di Udine, a.a. 2007-2008, relatore M. Bertagnin, correlatori L. Pavan e A. Frangipane.
24 Per un primo repertorio della consistenza, si veda: VITO D’ADDATO, L’abitare ipogeo nella città storica. Primi risultati di una ricerca sul caso di studio udinese. Tesi di laurea in Ingegneria civile. Università degli studi di Udine, a.a. 2006-2007, relatori M. Bertagnin e A. Frangipane.
25 Si vedano, a riguardo, GIUSEPPE BERGAMINI, “Cantinelle” rinascimentali e affreschi barocchi, in Casa Beltrame in Udine. Storia di una farmacia, con saggi di G. Bergamini e V. Masutti, Udine, Arti Tavagnacco (Ud), Arti Grafiche Friulane 2004, pp. 73-101; MAURIZIO D’ARCANO GRATTONI, Interni di case e botteghe di Toscani in Friuli: il complesso Vanni degli Onesti a Udine nel XV secolo, in: I Toscani nel Patriarcato di Aquileia in età medioevale, a cura di BRUNO FIGLIUOLO e GIULIANO PINTO, atti del convegno di Udine, 19-21 giugno 2008, Torino, Selekta 2010, pp. 123-134. Le cantinelle decoravano anche i soffitti, a vista, di aree coperte esterne come ricordato per il «soffitto a travi del loggiato» di palazzo Gubertini da LILIANA CARGNELUTTI, Nella contrada di S. Bartolomeo prima Manin, in: Il ‘Palazzo d’oro’ nella citta di Udine, a cura di LILIANA CARGNELUTTI, Udine, Fondazione Cassa di Risparmio di Udine e Pordenone 2012, p. 59, e visibile nella recente messa a giorno del sottoportico di casa Sello, in Mercatovecchio, la casa n. 730. In questo caso, il solaio è costituito da travi parallele, appoggiate su un “dormiente”, sostenuto da elementi in pietra (“barbacani”), disposizione anche comune del periodo.
26 Si veda, a riguardo, il recente contributo: FRANCESCO DOGLIONI, GIULIO MIRABELLA ROBERTI, a cura di, Venezia: forme della costruzione, forme del dissesto, Venezia, Libreria Cluva editrice 2011.
27 Per un inquadramento generale sull’uso del materiale: ANNA FRANGIPANE, Storie di pietre. Stories of stones, in: MAURO BERTAGNIN e ANNA FRANGIPANE, Pietra piasentina. Tradizione e modernità. Piasentina stone. Tradition and modernity, Pasian di Prato (Ud), Editrice Leonardo 2008, pp. 155-215.
28 CLAUDIO BALLERIO, Architettura minore di Udine, in: Atti del V Convegno nazionale di storia dell’Architettura, Perugia 23 settembre 1940. Roma/Firenze, Centro di studi per la storia dell’architettura 1955/1957.
29 Un elemento di recupero può dire molto della storia della città, come è il caso di un lacerto di lapide proveniente dall’antico cimitero ebraico della città, in PIER CESARE IOLY ZORATTINI, Ancora sull’antico cimitero ebraico di Udine, in «Archivio veneto», serie V, Vol. CLXXIII (2009), pp. 69-86.
30 Per gli studi più recenti si rimanda a: DIANA BARILLARI, GIUSEPPE BERGAMINI, GABRIELLA BUCCO, LILIANA CARGNELUTTI, Il palazzo comunale di Udine dalla Loggia di Nicolò Lionello all’opera di Raimondo D’Aronco, Udine, Senaus 2006.
31 Riferimenti base sono i lavori: SAVERIO MURATORI, Studi per una operante storia urbana di Venezia, Roma, Istituto poligrafico dello Stato, stampa 1960; GIANFRANCO CANIGGIA e GIAN LUIGI MAFFEI, Composizione architettonica e tipologia edilizia. vol. I: Lettura dell’edilizia di base, Venezia, Marsilio 1979.
32 LICIA ASQUINI, MASSIMO ASQUINI, Andrea Palladio e gli Antonini: un palazzo “romano” nella Udine del Cinquecento, Venezia, Edizioni della Laguna 1997.
33 [CHINO ERMACORA], Il restauro di un antico palazzo udinese: i nuovi uffici della Cassa di Risparmio nel palazzo del Monte di Pietà, in: «La Panarie: rivista friulana di arte e coltura», 2 (1925), 9, pp. 162-178; GIUSEPPE BERGAMINI, Il palazzo del Monte di Pietà di Udine, Udine, Forum 1996; SILVIA MORETTI, «Fondamenti sodi e non pensar vani»: Giusepppe Benoni ingegnere e architetto tra Venezia e il Friuli nella seconda metà del XVII secolo al servizio della Dominante. Il palazzo del Monte di Pietà a Udine (1663), in: «Architetto sia l’ingegnere che discorre». Ingegneri, architetti e proti nell’età della Repubblica, a cura di GIULIANA MAZZI e STEFANO ZAGGIA, Venezia, Marsilio, pp. 174-183.
34 Significativo è rimando nel disegno dei portali sulle odierne via Mercatovecchio, via del Monte e via del Carbone, ai modelli dell’Extraordinario libro di architettura di SEBASTIANO SERLIO, architetto del re cristianissimo, in Venetia; appresso Giovanni Battista et Marchio Sessa Fratelli, 1560.
35 LIDIA DA LIO, Il portale a Udine tra il XIV e il XVIII secolo. tipologia e materiali. Tesi di laurea in Conservazione dei Beni culturali, Università degli studi di Udine, a.a. 1994-1995, relatore Pietro Ruschi; ANNA FRANGIPANE, I portali lapidei della città di Udine. Aspetti formali, materici e tecnologici. Pasian di Prato (Ud), Leonardo Editrice 2008, consultabile alla pagina web: portali-lapidei-udine.uniud.it.
36 È il caso della costruzione di palazzo Florio, oggi sede del Rettorato dell’Università, di cui l’archivio di stato di Udine conserva la vacchetta dei conti di costruzione. Per lo studio del palazzo si veda: GINO VALLE e DIANA BARILLARI, Palazzo Florio, in L’Università del Friuli: vent’anni, comitato scientifico MARZIO STRASSOLDO E AMALIA D’ARONCO, Udine, Forum 1999, pp. 377-385.
37 Si veda, per esempio, l’inventario di palazzo Deciani, a corredo del testo integrale di Vittoria Masutti, ma anche quello di palazzo Valvason-Morpurgo, in: GIUSEPPE BERGAMINI E LILIANA CARGNELUTTI, a cura di, Il palazzo Valvason-Morpurgo, Tavagnacco (Ud), Edizioni Arti Grafiche Friulane 2003.
38 MARTINA FRANK, Orgoglio gentilizio e coscienza delle trasformazioni: le residenze Manin in Passsariano e Udine, in: Fortificazioni e memorie del Friuli centrale attraverso i secoli, Udine, Istituto italiano dei castelli, sezione Friuli Venezia Giulia 1990, p. 130.
39 Per la storia della famiglia Marchesi: ROBERTA CORBELLINI, Le dimore dei Torriani tra presenza e assenza, in: Fortificazioni e memorie del Friuli centrale attraverso i secoli, Udine, Istituto italiano dei castelli, sezione Friuli Venezia Giulia 1990, pp. 11-23.
40 ALESSANDRA BIASI, GIANNA MALISANI, L’eta neoclassica a Udine: evoluzione del gusto nella decorazione, nell’età napoleonica e austriaca. Tesi di laurea in Architettura, Istituto universitario di architettura di Venezia, a.a. 1985-1986, relatore F. Amendolagine; ALESSANDRA BIASI e EUGENIO VASSALLO, a cura di, L’eredità napoleonica a Udine: una nuova immagine per la città, Udine, Comune 1995.
41 Per lo studio delle facciate dipinte di Mercato Nuovo, liberate dagli intonaci delle riforme di facciata in anni recenti, si veda: PAOLO CASADIO, Le facciate dipinte di piazza San Giacomo, in: Piazza San Giacomo. Mercatonuovo. Arte e vita. Cronache e saggi da Kutschera ad oggi, a cura di FRANCESCA VENUTO, Udine, Associazione Udinese Amici dei Musei e dell’Arte 2012, pp. 75-82, uno dei saggi a commento della importante pubblicazione del lavoro di Oswald Kutschera-Woborsky (1887-1922) sulla piazza.
42 Le mappe storiche della città sono ampiamente commentate in: TENTORI, Udine…, pp. 313-387 e FRANCESCO TENTORI, Udine, Bari, Laterza 1988.